Alimentazione in gravidanza: cosa mangiare e i cibi da evitare durante i nove mesi dell’attesa

Indice

Introduzione

Alimentazione in gravidanza: questo tema, come qualsiasi futura mamma sa, è importantissimo.

Da quello che mangia la donna in dolce attesa durante la gestazione dipende infatti molto della salute del piccolo nei primi mesi di vita.

Anche il benessere dell’adolescente e dell’adulto che sarà è profondamente legato a quello che la mamma porta in tavola quando è incinta.

In questo contenuto, ti prenderò per mano e ti guiderò alla scoperta di alcuni aspetti che è fondamentale conoscere quando si parla di alimentazione sana in gravidanza.

Come puoi vedere, si tratta di un articolo molto lungo. Alla luce di ciò, per facilitarti nella lettura ho preparato un indice che ti permetterà di approfondire i tuoi interessi con un semplice click sul titolo del paragrafo che ti incuriosisce di più.

Per qualsiasi dubbio, puoi venirmi a trovare anche su Instagram, social dove pubblico ogni giorno contenuti sull’osteopatia pediatrica e neonatale. Se hai domande, scrivimi nei commenti o in direct e sarò felice di risponderti!

Come alimentarsi in gravidanza

Esistono dei momenti della vita durante i quali è ancora più importante fare attenzione a come ci si alimenta.

La gravidanza è senza dubbio uno di questi.

Come ricordato in questo video dalla Dottoressa Dell’Oro, biologa nutrizionista, l’aumento ponderale eccessivo durante la gestazione non è di nocumento solo per la futura mamma, ma compromette anche la salute del nascituro.

Si parla spesso dell’importanza dei primi 1000 giorni, ossia quelli che vanno dal concepimento ai primi due anni di vita del piccolo. Diversi studi scientifici effettuati nel corso degli ultimi anni hanno individuato in questo intervallo di tempo un periodo particolarmente plastico e vulnerabile.

Secondo un documento redatto dal Ministero della Salute, gli interventi preventivi, protettivi e curativi concretizzati in questa primissima fase della vita hanno effetti positivi su tutto il resto dell’esistenza.

Tra gli aspetti sui quali gli studi e le società scientifiche si soffermano di più, c’è indubbiamente quello della corretta alimentazione. Perché, quindi, non sfruttare le potenzialità di una dieta sana per la propria salute e per quella del proprio cucciolo?

Sono diversi gli aspetti sui quali soffermarsi nel momento in cui si decide di curare con attenzione l’alimentazione in gravidanza. Innanzitutto, è bene capire perché è importante. Scopriamolo assieme nel prossimo paragrafo.

donna che segue le regole della sana alimentazione in gravidanza e mangia una mela

Perché è fondamentale alimentarsi bene in gravidanza

L’alimentazione in gravidanza ricopre un ruolo chiave per il corretto sviluppo del feto e per le nuove necessità materne.

Come già accennato, l’alimentazione materna influisce tantissimo non solo sulla salute del futuro bambino, ma anche sul benessere dell’adulto che sarà.

Diversi studi scientifici, infatti, hanno dimostrato che un’attenzione all’alimentazione sana da parte della madre riduce fortemente il rischio, nel nascituro, di avere a che fare con obesità, ipertensione, psicopatologie.

Negli ultimi anni, la scienza ha permesso di scoprire che, nel corso della vita intrauterina, avvengono diverse riprogrammazioni del genoma del feto, il cosiddetto fetal programming.

Queste programmazioni vengono trasmesse alla progenie con un effetto transgenerazionale.

In parole semplici, vuol dire che la madre non trasmette solo il proprio DNA, ma anche la capacità di leggere e codificare le informazioni di uno stile di vita sano.

Attenzione: questa trasmissione non coinvolge solo il piccolo in grembo ma, come già accennato, anche le generazioni future.

Chiarita questa doverosa premessa, possiamo addentrarci alla scoperta di quello che è il mondo a dir poco affascinante dell’alimentazione in gravidanza.

Quanto si dovrebbe aumentare di peso in gravidanza

L’incremento ponderale ideale in gravidanza non è uguale per tutte le donne. Varia infatti in base al criterio dell’indice di massa corporea, il ben noto BMI. Quest’ultimo valore si calcola facendo il rapporto tra peso, espresso in kg, e altezza al quadrato, espressa in metri.

L’incremento ponderale auspicabile durante la gravidanza sulla base del BMI pre gestazione è pari, kg più kg meno, ai seguenti range:

  • 12,5 – 18 kg per le donne sottopeso;
  • 11,5 – 16 kg per le donne normopeso;
  • 7 – 11,5 kg per le donne sovrappeso;
  • 5 – 9 kg per le donne in stato di obesità.

 

Doveroso è fare una precisazione: le linee guida danno indicazioni di massima e, per ovvi motivi, non tengono conto dei casi specifici. Ecco perché è importante non basarsi sul numero che si legge sulla bilancia e non spaventarsi nel caso in cui si dovesse prendere meno peso. Se si sta mangiando in modo sano e se non si sta restringendo troppo l’apporto calorico, non ci sono problemi.

I fabbisogni nutrizionali durante la dolce attesa

Quanto devo mangiare in gravidanza?”: questa è una delle “domande da un milione di dollari” che le donne in attesa pongono agli specialisti che le seguono durante la gestazione. Per rispondere, è necessario innanzitutto sfatare il mito secondo il quale bisognerebbe mangiare per due. Tuttavia, il corretto bilanciamento dei nutrienti è nodale per assicurare alla futura mamma un adeguato aumento di peso durante i nove mesi di gestazione e per il corretto sviluppo fetale.

Nel primo trimestre, l’incremento del fabbisogno energetico è di circa 69 kcal al giorno (pari a circa una mela). Nel secondo trimestre, l’aumento del fabbisogno calorico da parte della mamma in attesa si aggira attorno alle 266 kcal quotidiane. Quando sopraggiunge il terzo trimestre, invece, si ha a che fare con un incremento dei fabbisogni energetici di poco inferiore alle 500 kcal al giorno.

Soddisfare i fabbisogni energetici nel corso della gravidanza e stare dietro ai cambiamenti sopra citati è molto semplice. Ecco perché gli esperti consigliano di preoccuparsi più della qualità che della quantità degli alimenti che si portano in tavola. Il famoso detto “In gravidanza si deve mangiare per due” dovrebbe quindi essere modificato dicendo “Durante i nove mesi dell’attesa, bisognerebbe mangiare due volte meglio”.

Quanti e quali carboidrati bisogna mangiare in gravidanza

Dopo la premessa generale delle righe precedenti, si può entrare nel vivo delle raccomandazioni relative alle quantità dei singoli nutrienti. Partiamo dai carboidrati.

Quanti e quali assumerne durante i nove mesi dell’attesa? I LARN 2014 sottolineano il fatto che, durante la gestazione, l’apporto di carboidrati dovrebbe essere pari al 45/60% dell’energia totale giornaliera. Non c’è quindi alcuna variazione rispetto a quanto raccomandato per la donna adulta.

Fondamentale è sottolineare che, durante la gravidanza, il metabolismo glucidico, influenzato dai numerosi cambiamenti endocrini che caratterizzano la dolce attesa, è interessato da un generale rallentamento.

Ecco perché, molto spesso, si tende a definire la gravidanza come un evento diabetogeno.

In casi non patologici – ossia quando non si ha a che fare con il diabete gestazionale – i cambiamenti principali riguardano una lieve insulinoresistenza e un’iperglicemia post prandiale, che favorisce l’utilizzo dei substrati da parte del feto.

Per ridurre il rischio di diabete gestazionale e quello di eccessivo aumento ponderale da parte della futura mamma, è possibile fare riferimento a diversi interventi nutrizionali.

Quello che, dati scientifici alla mano, sembrerebbe più efficace, è l’approccio che prevede il consumo di alimenti a basso indice glicemico.

Di cosa si parla quando si chiama in causa l’indice glicemico?

Di un parametro che misura la capacità di un determinato glucide di alzare la glicemia dopo il pasto rispetto a uno standard di riferimento.

Cibi contenenti carboidrati e consumati in quantità isoglucidica, producono diverse risposte glicemiche in base alla natura dell’alimento, al tipo e al tempo di cottura, alla preparazione e ad altri fattori.

Gli alimenti possono essere ad alto, medio o basso indice glicemico. A questo punto, può essere utile fare alcuni esempi concreti.

Sotto al cappello dei cereali e pseudocereali con alto indice glicemico è possibile includere il riso e i suoi derivati, comprese le famosissime gallette (spesso chiamate in causa da chi punta a tornare in forma o a rimanerci).

Da non dimenticare sono anche il mais, l’orzo perlato, il frumento (indi alimenti come pasta, pane e gnocchi).

Quando si parla dei cereali con medio indice glicemico, si inquadrano tutti quelli elencati nelle righe precedenti, ma in versione integrale.

Oltre ad essi vanno considerati anche il farro – pure quello perlato – il basmati, il riso integrale anche nelle varietà rosse e nere, la segale integrale, l’avena, il grano saraceno integrale, il kamut integrale.

Cosa dire, invece, dei cereali e degli pseudocereali con basso indice glicemico? Che, quando li si chiama in causa, si includono il riso selvatico, la quinoa, l’amaranto.

In gravidanza è consigliato il consumo di cereali integrali piuttosto che raffinati.

I nutrizionisti che si occupano di seguire le donne in dolce attesa – tra cui la Dottoressa Federica Dell’Oro, protagonista del videocorso dedicato all’alimentazione durante la gravidanza e l’allattamento – raccomandano altresì di concentrarsi sull’assunzione di cereali in chicchi.

In inverno li si può consumare nelle zuppe. Se, invece, si è in dolce attesa nei mesi estivi, si può dare spazio ai cereali portandoli in tavola come ingredienti di un’insalata fredda con verdure al posto della pasta e del riso.

Entrando nel vivo delle ricette che si possono preparare, ricordiamo la zuppa di cavolo nero, ma anche quella di cannellini e orzo e di grano saraceno.

Qualche idea per un piatto fresco, perfetto per i mesi estivi? Insalata di farro, ceci e pomodorini, ma anche la quinoa con le zucchine, le olive, l’uovo strapazzato.

alimentazione in gravidanza

Pizza in gravidanza: si può mangiare? Quale scegliere?

Quando si guarda ai consigli per l’assunzione di carboidrati in gravidanza, è naturale interrogarsi sulla possibilità di assumere uno degli alimenti simbolo della tradizione gastronomica italiana, se non il più famoso in assoluto. Sì, stiamo parlando di lei: sua maestà la pizza!

Si può mangiare quando si è in dolce attesa? In caso, con quali accortezze? Come sottolineato dalla Dottoressa Federica Dell’Oro in questo video, la pizza in gravidanza si può mangiare. Nell’ambito di un menù bilanciato, è possibile concedersi questa coccola per il palato una volta alla settimana. Fondamentale, però, è dare spazio ad alcune accortezze. La prima prevede il fatto di conteggiare come proteina la mozzarella che si trova sulla pizza (immaginiamo quindi l’esempio della classica pizza margherita). Se possibile, è meglio evitare di portare in tavola pizze troppo farcite. Come mai? Sia per questioni caloriche, sia per motivi legati alla digestione. 

Per rendersi conto della situazione, basta rammentare che, da solo, il panetto di pizza pesa circa 200 grammi. Ciò vuol dire che, nel pasto in cui si sceglie di assumere il piatto a cui è dedicato questo paragrafo, si mangia l’equivalente di due etti di pasta. L’ingombro nello stomaco di una pizza farcita è importante. Soprattutto alla fine della gravidanza, è praticamente impossibile riuscire a consumarla completamente.

Un’altra accortezza da mettere in primo piano riguarda il pomodoro. Se si soffre di acidità di stomaco o reflusso, è meglio non metterlo. Questo suggerimento vale non solo per la pizza, ma anche per le altre preparazioni, come per esempio la pasta.

La pizza è un pasto abbastanza bilanciato. C’è la quota di carboidrati, data dal panetto, quella di proteine, vista la presenza della mozzarella, e non mancano i lipidi. Quello che spesso viene messo in secondo piano è l’apporto di verdure. Ecco perché è il caso, se possibile, di focalizzarsi verso una pizza vegetariana.

Se il pasto viene consumato a casa, si può gustare anche una buona pizza margherita accompagnata da un piatto di verdure. Attenzione: quelle amarognole sono particolarmente raccomandate per via della loro capacità di favorire la digestione.

Quando si parla del consumo di pizza in gravidanza, è doveroso aprire il capitolo degli affettati. Durante la gestazione, è meglio focalizzarsi solo sulla pizza con prosciutto cotto. Gli altri affettati, aggiunti a fine cottura, sono da evitare. Cosa dire dei formaggi? Se vengono messi a fine cottura, è bene evitarli a meno che non si abbia la certezza assoluta del loro derivare da latte pastorizzato. Se, invece, i formaggi cuociono assieme al resto della pizza, ossia a temperature di gran lunga superiori ai 200°C, li si può consumare tranquillamente.

Anche se cotti, invece, i formaggi caratterizzati dalla presenza di muffe – p.e. Il gorgonzola – andrebbero banditi categoricamente. 

Dolci in gravidanza: si possono mangiare?

Per molte donne in dolce attesa – ma non solo – quando si parla di carboidrati è automatico pensare ai dolci. Cioccolato, biscotti, torte, pasticcini: si possono mangiare in gravidanza?

Partiamo dal cioccolato ricordando che sì, si può mangiare.

Come ricordato dalla Dottoressa Federica Dell’Oro nel video che puoi vedere alla fine del paragrafo, è bene consumarlo con moderazione.

Perché? Il primo motivo riguarda il fatto che, come specificato in precedenza, in gravidanza è bene non esagerare con gli zuccheri in quanto il loro metabolismo è più difficoltoso.

Il cioccolato, però, ha anche altri due aspetti da tenere in considerazione.

Il primo è il contenuto di caffeina. L’EFSA, ossia l’autorità europea per la sicurezza alimentare, rammenta che, in gravidanza, un consumo di caffeina considerato sicuro è pari a 200 mg al giorno.

La caffeina, non dimentichiamolo mai, non è presente solo nel caffè. Il secondo aspetto da tenere in considerazione riguarda il fatto che la caffeina peggiora il reflusso gastroesofageo.

Se già la gravidanza ha esacerbato questo disturbo, il cacao è un alimento da evitare.

Mantenendosi entro i 10-15 grammi al giorno, l’equivalente di un quadratino, non si rischia di eccedere e si mantiene la classica tazzina di caffè a colazione. 

Per i biscotti, vale quanto detto all’inizio per il cioccolato. Il problema risiede nella presenza di zuccheri semplici, che durante la gestazione andrebbero limitati ulteriormente rispetto alle indicazioni vigenti per la popolazione generale. La raccomandazione della nutrizionista è quella di consumarli sporadicamente e, se possibile, di non assumerli a colazione. L’ideale, anche nel corso del primo pasto della giornata, sarebbe l’assunzione di tutti i principi nutritivi. Il biscotto, così come il classico cornetto al bar, sono alimenti sbilanciati per quanto riguarda l’eccesso di carboidrati.

Chi pensa che queste indicazioni siano sinonimo di colazioni poco creative e gustose, dovrebbe iniziare a ricredersi. Basta aguzzare un po’ l’ingegno e, anche a casa, si può dare vita a delle leccornie a dir poco speciali. L’unica accortezza è quella di utilizzare gli zuccheri della frutta. Ciò vuol dire, per esempio, che nell’impasto si può mettere dell’uvetta, oppure della mela o dei datteri frullati

Quante e quali proteine consumare in gravidanza

Dopo l’excursus sui carboidrati, nutrienti che, in gravidanza, richiedono una particolare attenzione per via della necessità di prevenire l’insorgenza di diabete gestazionale, parliamo delle proteine.

Quante consumarne durante la dolce attesa? Di quali tipi? Inizio facendo presente che il fabbisogno di proteine è essenziale per sostenere la crescita massima del feto soprattutto durante il terzo trimestre.

Esagerare sia per eccesso, sia per difetto è un’abitudine che può compromettere lo sviluppo ottimale del cucciolo.

Veniamo ai numeri, rammentando che il fabbisogno proteico della futura mamma aumenta principalmente nel secondo e nel terzo trimestre. Rispetto ai livelli raccomandati, nel periodo della gestazione bisogna considerare un surplus di 1 grammo al giorno nel primo trimestre, di 8 nel secondo trimestre e di 26 nel terzo.

Pesce, uova, carne, latticini, ma anche legumi, frutta secca, semi oleosi: ecco gli alimenti fonti di proteine (non bisogna assolutamente trascurare l’assunzione di quelle di origine vegetale, benefiche anche per la salute del cuore).

Le linee guida degli esperti sono molto chiare in merito: in gravidanza bisognerebbe assumere metà del fabbisogno proteico quotidiano da fonti di origine animale e il restante 50% da alimenti di origine vegetale. In questo modo, è possibile soddisfare anche il fabbisogno di fibre giornaliero.

Quando si parla di proteine durante la gravidanza, è cruciale soffermarsi sul tema degli abbinamenti tra alimenti. Forse non tutti sanno che i legumi contengono proteine non complete, che si arricchiscono alla perfezione se abbinate con quelle presenti nei cereali. Via libera quindi a piatti tradizionali come pasta e fagioli, risi e bisi, pasta e lenticchie, farro e ceci. Si tratta di delizie complete anche dal punto di vista proteico.

le migliori proteine per una sana alimentazione in gravidanza

Carne in gravidanza: quale mangiare e quale evitare

L’argomento, oggettivamente molto ampio, del consumo di proteine in gravidanza richiede l’attenzione specifica a diversi interrogativi. Uno di questi riguarda le carni. Carni rosse e carni bianche: si possono mangiare? C’è qualcosa che, durante i nove mesi di gestazione, è meglio evitare? Le carni si possono consumare tranquillamente in gravidanza con la frequenza consigliata alla popolazione adulta. Parliamo quindi di circa 3 volte a settimana.

La principale accortezza da adottare riguarda il fatto di concentrarsi sul consumo di carni bianche – pollo, tacchino, coniglio etc. – mettendo da parte, invece, l’assunzione di carni rosse. Durante la gestazione, c’è il rischio di consumare troppa carne. Capita spesso che, a seguito dell’esecuzione degli esami del sangue, si scopra una situazione di anemia. In questi frangenti, le future mamme si sentono spesso consigliare l’incremento dell’apporto di carne. Esistono molte altre fonti di ferro da prendere in considerazione.

Tornando alla carne ricordo che, a prescindere da quella che si sceglie sia in casa sia al ristorante, è fondamentale che sia ben cotta. Se, quando si esce, si ordina una carne rossa o una tagliata, è importantissimo non ordinarla al sangue, così da prevenire il rischio di tossinfezioni (di queste parlerò meglio nei prossimi paragrafi). 

Per le carni bianche, il rischio di avere a che fare con un livello insufficiente di cottura è inesistente. Per la popolazione generale, infatti, le norme di sicurezza alimentare consigliano di consumarle ben cotte. Ciò significa che, quando mangia fuori casa, la futura mamma può andare più sul sicuro.

Una parentesi degna di nota riguarda i salumi. Per una questione igienico – sanitaria, è opportuno focalizzarsi solo sui salumi cotti (prosciutto cotto, mortadella, arrosto di tacchino o di pollo). Esiste però un’altra angolazione da tenere presente, ossia quella del contenuto di sale, di grassi saturi, che come vedremo nel prossimo paragrafo vanno fortemente limitati, e di nitriti, conservanti che, a seguito dell’azione del metabolismo e dei processi di cottura, possono trasformarsi in N-nitrosammine, composti potenzialmente cancerogeni. In virtù di quanto appena specificato, anche i salumi ammessi in gravidanza andrebbero assunti con moderazione.

Uova in gravidanza: come consumarle in modo sicuro

Tra le fonti di proteine più comuni rientrano senza dubbio le uova, protagoniste di diverse e gustose ricette. Mangiarle in gravidanza è possibile? Se sì, in che modo è opportuno consumarle per mettere sempre in primo piano la sicurezza? La risposta alla prima domanda è affermativa: le uova in gravidanza si possono mangiare. Sono un’ottima fonte di proteine da alternare a quelle che sono già state citate nelle righe precedenti. L’importante è che vengano assunte sempre ben cotte. Sono vietate le uova crude e tutte le preparazioni che le contengono. Bando quindi a maionese fatta in casa, tiramisù, zabaione. 

Per chi ama questi alimenti, esistono delle valide alternative. Nel caso della maionese, per esempio, si può optare per quella industriale. Come mai? Perché è preparata con uova pastorizzate. 

Come cucinare le uova in gravidanza? Le alternative da chiamare in causa sono diverse. Si possono gustare strapazzate e sode, giusto per fare due esempi. Fondamentale è fare attenzione alle uova all’occhio di bue. Come mai? Perché spesso si crede di averle cucinate, ma il tuorlo rimane morbido. Questa conseguenza si può evitare mettendo un coperchio verso la fine del processo di cottura. Se non si ha la massima sicurezza in merito alla cottura della parte interna, in gravidanza è meglio evitarle (lo stesso vale per l’uovo alla coque o per quello in camicia). 

Molte donne in dolce attesa si chiedono anche se in gravidanza sia sicuro mangiare la carbonara. Se cucinata in modo classico, è meglio evitare. Vero è che se si parte da uova confezionate piuttosto che da quelle regalate dal vicino con le galline che corrono sull’aia si può stare un po’ più tranquille. Se proprio non si vuole rinunciare al piatto sopra citato, si può ricorrere alle preparazioni con albume e tuorlo pastorizzati (si possono reperire agevolmente in commercio).

Formaggi in gravidanza: quali mangiare e quali evitare

Un altro alimento proteico spesso chiamato in causa è il formaggio. Come approcciarsi alla sua assunzione in gravidanza? Quali sono i formaggi che si possono mangiare e quali, invece, quelli che è meglio evitare? Come ricordato in questo video dalla Dottoressa Federica Dell’Oro, biologa nutrizionista, si possono mangiare tranquillamente tutti i formaggi prodotti a partire da latte pastorizzato. Fondamentale è evitare quelli caratterizzati dalla presenza di latte crudo.

A proposito dei formaggi senza latte pastorizzato, ricordo che ne esistono alcuni che sono sicuri durante i nove mesi di gestazione. Si tratta del pecorino, del parmigiano e del grana padano, giusto per fare qualche esempio noto a tutti. Le future mamme possono stare tranquille anche con formaggi confezionati come la mozzarella, la ricotta e la certosa. In generale, i formaggi provenienti da filiera industriale sono sicuri.

Nel caso di quelli artigianali, oggettivamente più genuini, se non si hanno informazioni certe sul trattamento del latte, che ribadisco deve essere pastorizzato, è meglio evitare.

Quali e quanti grassi assumere durante la gestazione

Eccoci a parlare dei consigli – scientificamente supportati ovviamente – relativi all’assunzione di grassi durante la gravidanza. Ancora una volta prendiamo come riferimento i LARN 2014 che raccomandano, durante la gestazione, di assumere una quantità di lipidi compresa tra il 20 e il 35% dell’energia totale giornaliera. Non ci sono quindi variazioni rispetto alle quantità raccomandate per la donna e l’uomo adulti.

Attenzione, però: durante la gravidanza è raccomandato un aumento dell’assunzione di DHA, l’acido docosaesaenoico. Si parla di un apporto compreso tra i 100 e i 200 mg al giorno. Questo acido grasso semiessenziale omega 3, è particolarmente importante per lo sviluppo del sistema nervoso e della retina.

Sebbene il DHA possa essere in parte sintetizzato dall’organismo umano a partire dal suo precursore, ossia l’acido alfa-linoleico – e diversi studi hanno dimostrato una maggior capacità della donna rispetto all’uomo di convertire l’acido alfa-linoleico in DHA – le concentrazioni di acido docosaesaenoico derivano soprattutto da fonti alimentari.

 Le principali sono i pesci, in particolare il salmone, lo sgombro e le acciughe. Gli alimenti che contengono acido alfa-linoleico ma non DHA sono invece la frutta secca, i semi oleosi, l’olio extra vergine di oliva e l’olio di soia.

Future mamme vegetariane e donne in gravidanza che non consumano pesce o fumatrici dovrebbero prendere in considerazione la supplementazione di DHA. In gravidanza, inoltre, è cruciale fare attenzione alla tipologia di pesce scelto. Fondamentale è evitare o moderare fortemente il consumo di pesci di grandi dimensioni, come per esempio il tonno e il pesce spada. Il motivo è legato alla loro ricchezza in mercurio.

Se possibile, è il caso di prediligere pesci di medie o ancora meglio di piccole dimensioni. Il consumo di salmone è concesso? Assolutamente sì! Preferibilmente, però, ci si dovrebbe concentrare su quello selvaggio, facilmente reperibile nel banco freezer di qualsiasi supermercato.

Pesce in gravidanza

Il pesce è un alimento caratterizzato dalla presenza di numerosi nutrienti preziosi tra vitamine, proteine e lipidi. Si può mangiare in gravidanza? Questa è una domanda molto diffusa tra le donne in dolce attesa e la cosa non deve sorprendere (basta pensare alla popolarità del sushi).

Come specificato dalla Dottoressa Dell’Oro in questo video, il pesce in gravidanza è raccomandato. Tra i motivi rientra la sua ricchezza in DHA, acido grasso prezioso del quale abbiamo parlato approfonditamente nel paragrafo precedente.

Il corpo umano è fantastico e in gravidanza i batteri intestinali diventano più capaci di produrlo, ma è necessario fare una scorta tramite l’alimentazione. 

A prescindere dal tipo di pesce che si andrà a scegliere, è fondamentale focalizzarsi sempre su quello cotto. Cotto dovrebbe essere anche il sushi; per motivi igienico sanitari, il pesce crudo in gravidanza è da bandire. Vero è che la normativa italiana impone il ricorso, nel caso del sushi crudo, agli abbattitori di temperatura. Per un eccesso di zelo, però, è meglio evitarlo per i mesi di gestazione. 

Un consiglio tanto semplice quanto utile da mettere in pratica quando si va al ristorante prevede il fatto di comunicare sempre al personale di sala di essere in dolce attesa. In questo modo è possibile fare sì che, in cucina, vengano prevenute contaminazioni con altri alimenti rischiosi per una gestante.

Tornando un attimo ai pesci specifici e alla possibilità di assumerli o meno in gravidanza, ci soffermiamo sul salmone affumicato. Si può mangiare in gravidanza? La risposta è affermativa. Cosa dire, invece, del tonno? Che non si mette in primo piano un no categorico, ma bisogna sempre tenere presente il fatto che i pesci di grandi dimensioni – e il tonno è uno di questi – sono ricchi di mercurio. Ciò vuol dire che in condizioni di particolare fragilità, come per esempio la gravidanza, è opportuno consumarli sporadicamente.

Un cenno importante va dedicato al pesce sott’olio, da consumare solo se nelle confezioni in vetro. Le lattine sono da evitare. Questa raccomandazione vale non solo per il pesce, ma anche per altri alimenti, dai legumi alla passata di pomodoro. Nelle latte, infatti, potrebbero esserci delle sostanze, in particolare interferenti endocrini, non sicure in gravidanza.

Supplementi in gravidanza

Come variano i fabbisogni di micronutrienti durante la gravidanza? Nei casi in cui si segue un’alimentazione bilanciata – ossia una dieta che tiene conto anche dei surplus energetici necessari nel corso della gestazione – si raggiungono i fabbisogni raccomandati per la maggior parte delle vitamine e dei minerali.

Questo vale per la vitamina A, per le vitamine del gruppo B, fatta eccezione per i folati, per la vitamina C e per minerali come il calcio, il fosforo, il cloro, il magnesio, il sodio, il potassio, lo zinco, il selenio e il rame.

Quali sono i micronutrienti da supplementare? Abbiamo nominato i folati nelle righe precedenti, e non a caso. Nella donna in gravidanza, infatti, il loro fabbisogno aumenta di 200 mcg al giorno per rispondere alle aumentate esigenze legate alla sintesi di DNA, RNA e proteine. Inoltre, nel primo trimestre, il loro ruolo è nodale ai fini dello sviluppo del feto e della prevenzione dei difetti di chiusura del tubo neurale. Per questo si raccomanda la supplementazione con 400 mcg quotidiani di acido folico da almeno un mese prima la pianificazione della gravidanza. Bisogna proseguire per tutto il primo trimestre.

Una volta trascorso questo lasso di tempo, se l’alimentazione comprende cereali integrali, frutta, verdure soprattutto a foglia verde e legumi si può valutare la sospensione della supplementazione.

Parliamo ora della vitamina D. Gli alimenti che la contengono sono il latte e i suoi derivati, le uova e i pesci (in particolare quelli grassi, come per esempio il salmone e le aringhe). Tuttavia, la maggior parte della vitamina D è sintetizzata dal nostro organismo attraverso l’esposizione ai raggi UV (non a caso, questo nutriente è conosciuto anche come vitamina del sole).

La latitudine, la scarsa esposizione solare, la presenza di patologie che inducono malassorbimento intestinale – p.e. la celiachia e il morbo di Chron – l’insufficienza renale e l’assunzione di alcuni farmaci possono contribuire a un quadro all’insegna della carenza di vitamina D. Nei soggetti obesi, la carenza dell’appena menzionato nutriente è più frequente che nei soggetti normopeso. La vitamina D, infatti, si deposita nel tessuto adiposo. Alla luce di ciò, quella circolante è inferiore.

Se la gravidanza è fisiologica, le linee guida non raccomandano la supplementazione routinaria di vitamina D. Fondamentale è valutare caso per caso. Più recentemente, il WHO Antenatal Care del 2016 e il Consensus SIPPS del medesimo anno hanno messo in primo piano il consiglio relativo alla supplementazione di 600 ui al giorno in gravidanza, da valutare con il proprio medico di fiducia. Secondo la Dottoressa Federica Dell’Oro, biologa nutrizionista, un’integrazione ottimale è quella che prevede 2000 ui al giorno in estate, eventualmente aumentabili a 4000 in inverno.

 Un altro macro argomento legato alla supplementazione in gravidanza è quello riguardante l’apporto di ferro. Il fabbisogno di questo minerale in gravidanza aumenta progressivamente fino ad arrivare ai 27 mg al giorno del terzo trimestre. Le fonti principali di ferro nella dieta sono i prodotti ittici, i legumi, la carne, la frutta secca, i cereali integrali, le verdure a foglia verde, le uova.

A proposito del ferro, è fondamentale distinguere le seguenti forme:

 

  • Ferro non eme, ossia quello che possiamo trovare negli alimenti di origine vegetale;
  • Ferro eme, ossia la forma di ferro presente negli alimenti di origine animale.

 

Il primo ha una biodisponibilità ridotta rispetto al secondo. Tuttavia, grazie alla vitamina C presente in alimenti come gli agrumi, il kiwi, le fragole, i pomodori e i broccoli, è possibile ottimizzare l’assorbimento del ferro non eme. Un consiglio pratico utile al proposito? Mettere a bagno dei legumi secchi con il limone. Chi vuole, può anche portare in tavola un pasto a base di legumi e cereali concludendolo con un mandarino o un kiwi. Un’altra idea prevede il fatto di insaporire i broccoli cotti a vapore con la salsa tahina, a base di semi di sesamo, olio e limone. Ah, i semi di sesamo sono un’ottima fonte di calcio!

Nei Paesi industrializzati, quasi il 50% delle donne necessita di supplementazione di ferro in gravidanza. Nonostante questo, l’optimum prevede il fatto di procedere caso per caso. Per esempio, donne con concentrazioni emoglobiniche inferiori a 11 g/dl nel primo trimestre e a 10,5 g/dl dopo la 28esima settimana, dovrebbero essere trattate in maniera specifica in modo da ridurre il rischio di trasfusioni prima del parto.

Sicurezza alimentare in gravidanza

In gravidanza, è fondamentale che la mamma si protegga dal rischio di contrarre tossinfezioni. Queste ultime possono compromettere lo sviluppo del feto e, nei casi peggiori, provocare aborto spontaneo. L’approccio migliore prevede il fatto di iniziare a seguire norme igieniche finalizzate alla prevenzione da prima dell’inizio della gravidanza.

Le tossinfezioni alimentari più pericolose sono la toxoplasmosi, la salmonellosi e la listeriosi. La prima è un’infezione causata dal protista parassitario Toxoplasma gondii, che prolifera nei gatti e in altri animali a sangue caldo.

La donna in gravidanza può contrarla a seguito del contatto con carni contaminate crude o poco cotte. Da non trascurare è altresì il rischio di ingestione di oocisti espulse dai gatti attraverso gli escrementi e rilasciate nel terreno – attenzione a quando si fa giardinaggio – e il pericolo dell’acqua contaminata.

In Italia si raccomanda lo screening sierologico all’inizio della gravidanza, da ripetere mensilmente in caso di negatività. Alle future mamme sieronegative, si raccomandano diverse norme igieniche preventive da mettere in atto quotidianamente. Ecco quali sono:

  •  Evitare di mangiare carni crude e conservate;
  • Mangiare solo carni ben cotte (a temperatura interna superiore ai 67°C);
  • Consumare solo affettati cotti, per esempio il prosciutto cotto e la mortadella;
  • Lavare bene le verdure e la frutta che si consumeranno crude (anche le insalate già pronte);
  • Non consumare latte crudo o uova crude;
  • Pulire superfici e utensili che sono stati in contatto con carne cruda.

Rammento inoltre che la refrigerazione non distrugge il parassita, che può risultare ancora vivo dopo quasi 70 giorni a temperature attorno ai 4°C. Congelare la carne a -20°C almeno uccide le oocisti ma, per eliminare qualsiasi rischio, in gravidanza è bene mettere totalmente da parte il consumo di carne cruda. Anche la cottura a microonde non distrugge il parassita.

Proseguendo con l’elenco delle raccomandazioni alimentari per prevenire l’infezione da Toxoplasma gondii, ricordiamo il fatto di non bere acqua potenzialmente contaminata da oocisti. Essenziale è utilizzare guanti di gomma quando si fa giardinaggio – in modo da evitare il contatto con il terriccio potenzialmente contaminato da feci di gatto – e, se si ha un amico felino a casa, far pulire ad altri la sua lettiera.

Parliamo ora della salmonellosi. La salmonella è l’agente batterico più comunemente responsabile delle tossinfezioni alimentari. Alcuni sierotipi possono causare aborto spontaneo o parto prematuro. Ecco come comportarsi in gravidanza per prevenire il rischio di contagio:

  •  Evitare il consumo di uova crude o poco cotte (attenzione anche alle preparazioni che le contengono, come per esempio lo zabaione, la maionese, i gelati artigianali);
  • Evitare, come nel caso della toxo-ricettività, il consumo di carne cruda.

 

Cosa dire, invece, della listeriosi? Che è un’infezione alimentare causata dal batterio Listeria monocytogenes. Ecco i principali consigli alimentari per prevenire il contagio:

  •  Evitare il consumo di pesce e carni crude;
  • Lavare con cura le verdure che si ha intenzione di consumare crude;
  • Non consumare latte non pastorizzato e prodotti che lo contengono;
  • Evitare il consumo di paté, panini pronti, carni fredde da gastronomia.

Complicanze in gravidanza: come modificare l'alimentazione

Come bisogna modificare la propria alimentazione in caso di insorgenza di complicanze in gravidanza, come per esempio il diabete gestazionale? In questo frangente, è sufficiente seguire le raccomandazioni generali per una dieta sana in gravidanza, prestando però più attenzione all’indice glicemico dei cereali e all’abbinamento tra i vari alimenti. A pranzo e cena il consiglio è quello di consumare pasti bilanciati con cereali a medio e basso indice glicemico, proteine di origine sia animale sia vegetale, grassi.

Come colazione e spuntino, è il caso di evitare il focus esclusivo sui carboidrati (per intenderci, consumare sempre la classica colazione pane e marmellata non è la scelta giusta). Se possibile, è il caso di aggiungere una fonte di grassi e delle proteine, magari anche delle fibre.

Qualche esempio di spuntino bilanciato? Una fetta di pane di segale con olio e pomodorini, frutta fresca e avocado, sorbetto di frutta fresca home made guarnito con crema di frutta secca, pane con avocado.

Un’altra complicanza frequente in gravidanza è l’iperemesi che, quando presente, insorge all’inizio della gestazione. Disturbo caratterizzato da una forma acuta e incontrollabile di vomito e nausea, si attenua quasi sempre dopo il primo trimestre. Alcune donne, però, possono soffrirne per l’intera gravidanza.

In caso di iperemesi, la regola principale prevede il fatto di dedicarsi a pasti piccoli e frequenti. Oltre ai tre principali, bisogna prevedere almeno due o tre spuntini. I cibi secchi possono aiutare a tamponare nausea e acidità di stomaco. Un consiglio da tenere presente? Il fatto di sostituire ai cracker e ai grissini, spesso chiamati in causa quando si parla di nausea gravidica, il pane carasau.

Da evitare il consumo di cibi con odori forti e l’eccessivo apporto idrico durante il pasto. Meglio bere lontano dai pasti e a piccoli sorsi frequenti. Mai coricarsi subito dopo cena e, se possibile, consumare al mattino una tisana a base di limone e zenzero per alleviare la nausea. Al bisogno e a seguito di un confronto con il curante, è possibile assumere integratori 100% a base di zenzero.

In caso di stipsi, invece, è opportuno aumentare l’apporto di fibre. Spazio quindi a cereali integrali, legumi, ortaggi. Essenziale è anche incrementare il consumo di acqua. Molto importante in questo frangente si rivela la colazione. Una delle migliori è il porridge, che si prepara con bevanda vegetale, fiocchi d’avena e semi di chia.

Quando si ha a che fare con la stipsi in gravidanza, è opportuno ridurre il consumo di cibi proinfiammatori, come per esempio i latticini e le fonti di glutine.

Si possono bere il caffè e gli alcolici in gravidanza?

Ecco due domande frequentissime da parte delle future mamme. Iniziamo a rispondere parlando della caffeina (che non è contenuta solo nel caffè che beviamo al bar, ma anche in altre bevande e alimenti, tra cui il cacao). Durante la gravidanza, diminuisce la capacità da parte del corpo di metabolizzarla. Diversi studi scientifici hanno dimostrato una correlazione dose dipendente tra il consumo di caffeina in gravidanza e il basso peso alla nascita. Tuttavia, gli esperti dell’EFSA, ossia l’autorità europea per la sicurezza alimentare, hanno definito come sicura una dose quotidiana di caffeina pari a 200 mg.

Per quel che concerne il consumo di alcol, le linee guida generali raccomandano l’astensione non solo in gravidanza, ma anche nel periodo preconcezionale. Diversi studi hanno dimostrato una correlazione tra il consumo di alcol e deficit neurologici e comportamentali nel nascituro.

Alimentazione materna in ospedale

Bisogna portare qualcosa da consumare durante il travaglio? Come spiegato in tutti i corsi preparto – tra i quali è possibile citare il videocorso online curato dalla Dottoressa Maria Chiara Alvisi, ostetrica indipendente – il travaglio può durare molto tempo ed è opportuno non arrivare esauste alla fase espulsiva.

Prima di tutto, è fondamentale procurarsi qualcosa di utile per idratarsi.

Ciò vuol dire portare con sé delle borracce con acqua, versando in alcune integratori a base di potassio, magnesio e sodio (senza zucchero).

Come snack si possono portare semi oleosi o frutta disidratata.

Un’accortezza utile è quella di evitare di esagerare con l’apporto di prugne secche vista la loro efficacia lassativa.

I pasti somministrati in ospedale sono sufficienti o c’è bisogno di integrare? Dipende dalla struttura. In alcuni casi, purtroppo, le porzioni sono troppo scarse. Un’eccessiva restrizione calorica può rendere difficoltoso l’avvio dell’allattamento, soprattutto dopo un travaglio faticoso.

Nei casi in cui si può scegliere il pasto, è bene optare per un primo piatto di riso piuttosto che di pasta, un secondo a base di pesce, uova o carne bianca – no affettati o formaggi come la crescenza – un contorno di verdura e frutta fresca (niente budini od omogeneizzati di frutta).

Da casa ci si può portare del burro chiarificato da assumere a colazione al posto della marmellata, così da prevenire l’aumento della glicemia. In caso di attacchi di fame, si può ricorrere alla frutta secca, alle olive e ai semi oleosi (le bustine monouso in questo caso sono preziose).

Alimentazione in gravidanza e coliche gassose nel neonato

L’alimentazione materna in gravidanza influisce sull’insorgenza delle coliche gassose nel neonato (qui puoi vedere un video in cui spiego come prevenirle e come risolverle con l’osteopatia)? Assolutamente sì!

Prima di capire il perché della risposta, vediamo di cosa si parla quando si nominano le coliche gassose. Si utilizza questa espressione per definire la comparsa improvvisa, in un lattante che gode di buona salute, di pianto inconsolabile e dolore addominale con concomitante emissione di gas o feci.

Diversi studi hanno dimostrato che i neonati con coliche hanno un quadro infiammatorio a livello intestinale, un’alterazione della flora batterica fecale e una riduzione, in contesto intestinale, di bifidobatteri e lattobacilli.

Un tempo, si pensava che la prima colonizzazione batterica avvenisse durante il parto. Ora sappiamo con certezza che non è così, che parte tutto a livello placentare durante la gravidanza. Il microbiota intestinale del neonato è quindi influenzato da quello materno durante la gravidanza e l’allattamento.

Quest’ultimo, a sua volta, dipende da numerosi fattori. Tra questi è possibile includere l’alimentazione, l’assunzione di probiotici in gravidanza e in allattamento, il fumo e l’età gestazionale. La disbiosi, ossia l’alterazione del microbiota intestinale, durante la gravidanza aumenta il rischio di preeclampsia, diabete, infezioni, parto pretermine e successiva atopia infantile. La disbiosi dell’intestino neonatale, invece, è strettamente correlata all’insorgenza di coliche gassose.

Nelle righe precedenti, si è fatto cenno all’assunzione di probiotici. Cosa sono? Microrganismi viventi, ceppi batterici aventi un effetto protettivo nei confronti dell’organismo ospite. Nei primi due trimestri, è consigliabile assumere probiotici con miscele di bifidobatteri – sono facilmente reperibili in farmacia – mentre nel secondo è opportuno concentrarsi sulle miscele di lattobacilli. Alle donne che allattano è raccomandata la supplementazione di bifidobatteri per tutta la durata dell’allattamento al seno. In caso di utilizzo del latte in formula, la cosa migliore da fare è confrontarsi con il pediatra per procedere, eventualmente, a somministrare i probiotici direttamente al neonato.

Per quanto riguarda gli altri consigli alimentari utili a preservare la salute del microbiota in gravidanza, ricordiamo che non sono molto diversi da quelli citati nelle righe precedenti. Fondamentale è dare spazio a frutta e verdura di stagione, avere un moderato apporto proteico proveniente soprattutto da legumi, prediligere il consumo di pesce di piccole dimensioni, eliminare le fonti di zuccheri semplici a eccezione della frutta.

Bando ai cibi raffinati e alle fonti di acidi grassi trans – p.e. la margarina – e saturi. Alcuni studi raccomandano la riduzione del consumo di latticini e glutine.

Sviluppo del gusto nel feto e nel neonato: il ruolo dell'alimentazione materna

Il bambino che cresce nella pancia della mamma, sente i sapori dei cibi che lei consuma? La risposta è affermativa. Si tratta di un’esperienza bellissima per il piccolo. Ecco perché in gravidanza, fatta eccezione per alcuni cibi vietati per via delle tossinfezioni, è bene mangiare di tutto. Più si avrà un’alimentazione varia, più il piccolo sarà in grado di sperimentare un’ampia gamma di sapori. 

All’inizio entrerà in contatto con i sapori attraverso l’ingestione del liquido amniotico. Successivamente, lo farà attraverso l’allattamento al seno. 

Sia la gravidanza, sia l’allattamento, sono momenti fondamentali per gettare le basi di quella che sarà l’alimentazione del bambino. Si può parlare a tutti gli effetti di una forma di allenamento per il gusto del piccolo. Se tutto inizia con l’alimentazione materna, la gestione di step come lo svezzamento diventa decisamente più agevole.

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