Introduzione
Tutte le neo mamme si chiedono come utilizzare il ciuccio con il proprio neonato.
Se anche tu ti stai facendo questa domanda, nell’articolo delle prossime righe puoi trovare la risposta.
Come puoi vedere, ho corredato questa guida con un indice.
Grazie ad esso potrai, se ti interessa una determinata sfaccettatura dell’argomento, approfondire nel dettaglio semplicemente cliccando sul titolo del paragrafo corrispondente.
Nel caso in cui, una volta finita la lettura, tu dovessi avere ancora dei dubbi, puoi venirmi a trovare su Instagram, dove sarò felice di rispondere a qualsiasi tua domanda sia in direct, sia nei commenti.
Cos'è il ciuccio
Prima di entrare nel vivo dei consigli su come utilizzare il ciuccio, vediamo un attimo che cos’è di preciso.
Innanzitutto, è bene ricordare che il suo nome tecnico è succhietto. Si tratta di una tettarella, che può essere di vari materiali, dal caucciù, alla gomma, alla plastica, fino al silicone, che viene offerta al neonato per calmarsi e per stimolare il sonno.
Tutto avviene attraverso la simulazione del naturale processo di suzione.
Le dimensioni sono studiate in maniera specifica per evitare che il piccolo rischi di ingerirlo.
La tettarella del ciuccio – altrimenti detta tettina – può avere diverse forme. Ecco quali:
- Rotonda;
- anatomica;
- a goccia.
Nel primo caso, quando si osserva il succhietto, si può notare una forma affine a quella di una pallina.
La tettarella anatomica, invece, ha una struttura asimmetrica.
Verso il basso è piatta e, in prossimità del palato, assume una forma rotondeggiante.
Nel caso della tettina a goccia, invece, la forma è allungata e simmetrica.
La tettarella non è l’unica parte del ciuccio.
Esiste anche lo scudo, ossia la parte esterna, realizzata in materiale plastico e avente lo scopo di evitare che il neonato ingoi il ciuccio.
Alcuni succhiotti possono avere un anello, che ha lo scopo di facilitare l’estrazione e il collegamento a eventuali catenelle.

Quando dare il ciuccio
Il titolo di questo paragrafo è la classica domanda da un milione di dollari per le neo mamme.
Come ricordato in questo video dalla Dottoressa Maria Chiara Alvisi, ostetrica indipendente nonché autrice del videocorso sull’allattamento al seno che puoi trovare alla fine di questo paragrafo, bisogna innanzitutto chiarire un aspetto.
Quale di preciso? L’intenzione, da parte della neo mamma, di allattare al seno o di optare per il latte formulato.
Se non si vuole o non si può allattare al seno, l’inserimento del ciuccio può avvenire fin da subito.
Ovviamente bisogna procedere con buon senso ed evitare di farvi ricorso ogni volta che il piccolo emette un vagito.
Se si vuole allattare al seno, il discorso è diverso.
Il modo in cui il cucciolo si attacca al seno e quello in cui, invece, si attacca alla tettarella del succhietto sono completamente diversi.
Inserendo il ciuccio troppo presto quando si allatta al seno, si crea quella che, in gergo ostetrico, è nota come nipple confusion.
In parole semplici, il bambino non riesce più a capire quale approccio alla suzione adottare.
Prima di offrire il ciuccio, è quindi fondamentale che il piccolo abbia appreso la modalità corretta di attacco al capezzolo.
La mamma – che, per esempio, non deve sentire dolore durante la poppata – non deve curare più ogni singola poppata.
Per introdurre il succhietto nella routine di un bambino allattato al seno, è bene aver superato il cosiddetto mese di calibrazione, un periodo durante il quale, come dice il termine stesso, mamma e cucciolo trovano il loro equilibrio nelle poppate, raggiungendo traguardi come la produzione di una quantità di latte funzionale alle richieste del cucciolo.
Una volta raggiunti gli obiettivi del mese di calibrazione, bisogna comunque tenere conto che, quando si inserisce il ciuccio nella quotidianità del neonato, il suo utilizzo rappresenta comunque un’interferenza.
Il piccolo, infatti, fa sempre un po’ di fatica a riconoscere le due modalità di attacco.
La scelta, come ricordato sempre dalla Dottoressa Alvisi nel video linkato nelle righe precedenti, è del genitore.
Se ha intenzione di sperimentare l’utilizzo del ciuccio, può farlo, ma con alcune accortezze.
Oltre al superamento del mese di calibrazione, è cruciale il controllo del ritorno al seno del piccolo.
Può capitare, per esempio, che in mamme di bambini di 3 – 4 mesi insorgano delle ragadi al seno a seguito dell’introduzione del ciuccio.
Nei casi in cui il bambino riesce a gestire facilmente le due modalità di attacco, la neo mamma può far viaggiare in parallelo seno e ciuccio, così da dare un po’ di autonomia al proprio cucciolo.
Chiaramente il succhietto non deve essere la prima offerta a seguito della manifestazione di un bisogno da parte del piccolo.
Rischi del ciuccio
L’utilizzo del ciuccio comporta dei rischi? La risposta è affermativa.
Nel video che ti ho proposto nel paragrafo precedente, sono intervenuto sottolineando alcuni aspetti inerenti l’osteopatia.
Ho specificato, per esempio, che se il piccolo ha le coliche o il mal di pancia, il ciuccio può sì tranquillizzarlo, ma non deve essere utilizzato per fermare ogni suo vagito.
Così facendo, si rischia di non risolvere in maniera tempestiva il problema delle coliche e del reflusso gastroesofageo, con ovvie compromissioni della serenità dei genitori e del cucciolo.
Il secondo rischio coinvolge la deglutizione.
Ricordo che il ciuccio viene posizionato tra la lingua e il palato e per questo va usato con parsimonia.
La lingua del piccolo, che dovrebbe spingere verso l’alto per imparare una deglutizione corretta e per favorire il normale sviluppo dei denti e delle cavità nasali, quando c’è il ciuccio spinge in avanti.
Se il succhietto viene proposto per troppo tempo, si crea un quadro di deglutizione disfunzionale.
Alla luce di ciò, andrebbe utilizzato come pacifier nei primi 6 mesi, diminuendone il ricorso man mano che ci si avvicina al primo anno di vita.

Come proporre il ciuccio
Chiariti i fondamentali concetti del paragrafo precedente, vediamo qualche piccola tips per dare il ciuccio al piccolo.
Sono diversi i metodi da considerare.
Prima di elencarli, mi preme sottolineare alcune regole. Ecco quali:
- Non bisogna insistere se il neonato, dopo qualche giorno di tentativi, manifesta palese rifiuto del ciuccio;
- mai e poi mai immergere il succhietto nel miele per renderlo più appetibile. L’alimento in questione, infatti, aumenta il rischio di botulismo nel neonato.
Nel periodo in cui ci si dedica ai tentativi, si può provare, per esempio, a proporre il ciuccio al piccolo quando è sazio o sonnolento.
Un’altra alternativa prevede il fatto di strofinarglielo sulle guance, prima a destra e poi a sinistra, e successivamente sul nasino, fino a farlo scivolare in bocca.
Si può provare anche il metodo “togli e sostituisci”.
Subito dopo la poppata, si toglie velocemente il capezzolo o il biberon e si sostituisce con il ciuccio.
Qualche altro consiglio per dare il succhietto al bambino?
Immergerlo nel proprio latte estratto o nella formula artificiale, ma anche renderlo più gradevole scaldandolo sotto il getto dell’acqua del lavandino.
Esiste un ulteriore metodo che, in media, è il più efficace di tutti. Cosa prevede?
Di avvicinare il ciuccio alla bocca del neonato e di toglierlo appena il piccolo inizia a ciucciare.
Si ripete questo schema 5 – 6 volte, fino a lasciare definitivamente il succhietto nella bocca del proprio cucciolo.
A che età eliminare il ciuccio
Come ho specificato nei paragrafi precedenti, entro l’anno l’utilizzo del ciuccio dovrebbe essere drasticamente ridotto.
A mio avviso – è un parere strettamente personale – le linee guida in merito sono troppo morbide.
Consigliano di togliere il ciuccio entro i due anni, ma non dicono quanto utilizzarlo e che danni può portare a lungo termine.
Ricordiamo anche che la grossa differenza tra il neonato e il bambino è proprio l’abitudine.
Soprattutto quando ha superato l’anno, il bambino è in grado di riconoscere le varie fasi della routine.
Risulta quindi più facile fargli capire che, se si utilizza il succhietto, lo si fa solo in determinati momenti della giornata – per esempio in concomitanza con l’addormentamento – ma che non capiterà di andare in giro con il ciuccio in bocca o di giocare tenendolo, cosa che può limitare moltissimo anche la libertà di linguaggio e di interazione con gli altri bambini.
Il succhietto, se presente, deve esserlo solo in circostanze sporadiche, così da permettere al piccolo di disabituarsi al suo utilizzo e di arrivare, pian piano, a dimenticarlo in maniera fluida e senza traumi.
Come togliere il ciuccio
L’addio al ciuccio può rivelarsi un momento critico sia per le mamme, sia per i piccoli.
Come fare in modo che il proprio bimbo lo viva con la giusta serenità?
Evitando innanzitutto l’approccio brusco.
La sparizione da un giorno con l’altro, anche se giustificata con il chiamare in causa figure magiche come la fatina che ha portato via il succhietto di notte, non è funzionale.
Così facendo, infatti, si restituisce al piccolo l’immagine di un mondo all’insegna dell’imprevedibilità, con conseguente aumento del rischio di sviluppo di atteggiamenti di insicurezza e rabbia.
L’approccio giusto prevede il fatto di accogliere le sue emozioni negative legate all’eliminazione del ciuccio.
Molto utile è altresì sottolineare, evitando forzature, i vantaggi che derivano dal non averlo in bocca (si può dire al piccolo che, quando non utilizza il succhietto, quello che dice risulta più facilmente comprensibile).
Per rendere il piccolo protagonista attivo del percorso di abbandono del ciuccio, lo si può collocare, dopo l’utilizzo, in luoghi via via meno accessibili.
Il messaggio che si trasmette è questo: il succhietto non è proibito, ma deve via via rappresentare un conforto occasionale.
Per rafforzare quest’ultimo aspetto, si può avviare il piccolo alla ricerca di comfort in attività come la lettura, il canto o altri passatempi.
Concludo rammentando che il percorso di eliminazione del ciuccio non dovrebbe essere portato avanti in periodi di cambiamento come l’inserimento al nido o l’arrivo di un fratellino.
