Dolore Durante il Travaglio e il Parto: Come Gestirlo e le Posizioni da Assumere

Indice

  1. INTRODUZIONE
  2. IL SIGNIFICATO DEL DOLORE DURANTE IL TRAVAGLIO E IL PARTO
  3. COME GESTIRE IL DOLORE DURANTE IL TRAVAGLIO E IL PARTO
  4. LE POSIZIONI MIGLIORI PER AFFRONTARE IL DOLORE DURANTE IL TRAVAGLIO
  5. LA POSIZIONE ACCOVACCIATA
  6. L’UTILIZZO DEL REBOZO
  7. ALTRE POSIZIONI
  8. PERCHÉ EVITARE LA POSIZIONE GINECOLOGICA
  9. NON SOLO MOVIMENTO: ALTRI METODI DI CONTROLLO NON FARMACOLOGICO DEL DOLORE DEL TRAVAGLIO

Introduzione

Come gestire il dolore durante il parto? Quali posizioni assumere per affrontarlo al meglio durante il travaglio e la fase espulsiva del parto? Ecco alcune domande che le neo mamme, e in generale le coppie che stanno vivendo le ultime settimane della gravidanza, si pongono spesso. In questo articolo, potrai trovare delle risposte esaustive e complete a questi importantissimi interrogativi.

Dal momento che il contenuto che stai per leggere è molto lungo, ho preparato per te anche un indice. Cliccando sui titoli dei singoli paragrafi che vedi sopra, potrai approfondire in maniera specifica gli argomenti che più ti interessano.

Il significato del dolore durante il travaglio e il parto

Il dolore è quasi sempre al centro delle narrazioni del travaglio e del parto.

Soprattutto nella cultura occidentale, si tende a renderlo il fulcro di tutto e a dimenticare, quando si racconta il proprio parto, la potenza vivificante dell’esperienza. 

Diversa è la situazione in culture di altre zone del mondo.

Come mai? Perché, oggi come oggi, non siamo più abituati a riflettere sul significato del dolore durante il travaglio e il parto.

Come spiegato chiaramente dall’ostetrica Maria Chiara Alvisi nel video che puoi vedere qui sopra, quando si chiamano in causa le sensazioni dolorose che si sperimentano durante il travaglio di parto, è infatti importante ricordare che sono le uniche non legate a una condizione patologica.

Anche se può sembrare strano dirlo, il dolore durante il travaglio è segno di salute. Significa che tutto sta avvenendo come la natura ha previsto. Entrando nel vivo del significato del dolore, è bene ricordare la possibilità di leggerlo come un invito potente della natura a concentrarsi su quello che sta succedendo, ad ascoltare il corpo. Può essere visto a tutti gli effetti come un segnale che invita a spostare l’attenzione solo e soltanto sull’arrivo del proprio cucciolo. Tutto il resto deve essere momentaneamente messo al bando.

donna incinta con mal di schiena durante il travaglio

Il dolore del travaglio è quindi diverso da qualsiasi altro tipo di dolore sperimentato nella vita. Sia dal punto di vista dell’ostetrica, sia da quello del compagno che assiste, imparare a leggerlo è fondamentale. 

A seconda della sua localizzazione e del respiro della travagliante, è possibile farsi un’idea di come sta procedendo la situazione. Ecco perché si dice spesso che nel giorno del parto e del travaglio non sono necessarie continue visite da parte del personale ostetrico e ginecologico. Basta, come appena accennato, saper leggere il dolore e tutto quello che attorno ad esso ruota per capire come stanno andando le cose.

 Chiarito questo aspetto, si può aprire la parentesi riguardante la gestione delle sensazioni dolorose. In questo caso, si possono scegliere due strade:

  1.   soppressione della percezione dolorosa attraverso i farmaci (puoi vedere qui un video dedicato in maniera specifica all’epidurale);
  2. scelta di metodi non farmacologici che non spengono il dolore, ma permettono alla travagliante di gestirlo e rispondere in maniera migliore.
 

Nelle prossime righe di questo articolo, parlerò di alcuni dei più importanti metodi non farmacologici, focalizzandomi nello specifico sulle posizioni migliori per gestire il dolore durante il travaglio (sì, si può iniziare a prepararsi anche a casa durante la gravidanza).

Come gestire il dolore durante il travaglio e il parto

Come ricordato sempre dalla Dottoressa Maria Chiara Alvisi, con la quale ho avuto il piacere di realizzare il corso preparto multidisciplinare che trovi nella sezione “Videocorsi per genitori” del mio sito, l’argomento del dolore durante il travaglio e il parto può essere definito a ragione un macro tema. 

Nella nostra cultura si tende, quando lo si mette al centro della narrazione, a sottolineare gli aspetti più negativi dell’intensità del dolore, senza porre l’accento, invece, sulla potenza vivificante dell’esperienza del travaglio. Questo porta le donne in gravidanza ad arrivare al momento del parto con una percezione del dolore sicuramente ingigantita.

Premettendo il fatto che l’esperienza del dolore certamente accompagna il tempo del travaglio e che la sua intensità dipende fortemente dalle condizioni della donna e dall’approccio della singola coppia – sì, nel travaglio il padre ricopre un ruolo cruciale – ricordiamo che esistono numerosi accorgimenti non farmacologici per tenerlo sotto controllo. Si tratta di espedienti che, ribadisco, non “spengono” la percezione dolorosa, ma permettono di imparare a gestirla e a confrontarsi con essa con maggiori risorse dalla propria parte.

Uno dei primi strumenti di contenimento del dolore a disposizione delle mamme che devono affrontare quello straordinario lavoro corporeo che è il travaglio di parto è il movimento. Il movimento, sia durante la gravidanza sia nel corso del travaglio e del parto, è un grande alleato della donna in attesa e la aiuta tantissimo a sentirsi bene.

Alla luce di ciò, è fondamentale che durante il travaglio la futura mamma abbia la possibilità di muoversi, che possa scegliere e variare le posizioni, optando per quelle che la fanno sentire maggiormente a proprio agio.

donna in travaglio assistita da compagno e ostetrica

Le cosiddette “posizioni libere” possono cambiare nel corso delle ore del travaglio e del parto; la possibilità di variarle è un fattore decisivo per fare in modo che la donna travagli in minor tempo.

Le posizioni libere, soprattutto quelle che lasciano al bacino tutto l’agio necessario per muoversi, fanno sì che le onde dell’utero siano più efficaci e che venga massimizzato l’aiuto della forza di gravità al bambino nel suo percorso dall’utero alla luce.

Quando un travaglio dura meno, si hanno oggettivamente più risorse a disposizione e una minor percezione del dolore, che risulta più gestibile.

Il risultato? Una potente sensazione di protagonismo di quell’esperienza unica che è il parto.

Nodale è lavorare in un’ottica di continuità. Pensare di trascorrere tutta la gravidanza all’insegna della sedentarietà e di riuscire, durante il travaglio, a gestire agevolmente le posizioni libere è illusorio.

Essenziale è che la futura mamma faccia di tutto per rendere il movimento parte della propria quotidianità, così da arrivare pronta al giorno del travaglio.

Le posizioni migliori e gli esercizi per affrontare il dolore durante il travaglio

Quali sono le posizioni migliori da assumere per controllare il dolore durante il travaglio? Quali gli esercizi più efficaci? Ci sono diverse risposte agli interrogativi appena espressi.

Nell’elenco è importante ricordare innanzitutto gli esercizi e le posizioni che prevedono il ricorso alla fitball.

La palla da parto è utile fin dalla gravidanza, durante la quale è possibile affrontare i piccoli dolori posturali attraverso esercizi di rotazione del bacino.

Come mai è preziosa (e molto utilizzata negli uffici delle aziende, soprattutto internazionali, che tengono in gran considerazione l’ergonomia)? Perché essendo tonda ed elastica è “nemica” della stabilità. Sulla fitball non si può stare fermi. Si è coinvolti in un continuo gioco, un costante adattamento che coinvolge prima di tutto i movimenti del bacino. La sua mobilizzazione permette di prevenire posizione viziate ed è favorita dal rilascio dell’ormone relaxina, che dà un prezioso boost all’elasticità dei muscoli e dei legamenti.

Chiarita questa premessa fondamentale, ricordiamo che un esercizio molto utile, perfetto sia in gravidanza sia in travaglio, è quello che prevede di partire mettendosi a carponi sulla palla da parto, formando un angolo retto tra il bacino e la pancia. La testa deve essere lasciata molle. Quello che bisogna fare è semplicemente lasciarsi andare sulla palla, dondolandosi avanti e indietro.

donna incinta sulla fitball

Così facendo, è possibile sentire fin da subito l’accompagnamento della palla, il suo rilascio di stimoli elastici. Quello che deve fare la donna che sta per diventare mamma è semplicemente lasciarsi trasportare dal movimento della palla. Quando si ruota davanti e quando si ruota indietro, si avverte il cambio di inclinazione del bacino.

Nel momento in cui ci si sente sufficientemente libere con questi dondolamenti in avanti e indietro, si può provare a spostarsi su movimenti laterali. Le ginocchia restano ferme e si ruota solo con la parte bassa del corpo, mantenendo la testa in appoggio. Un aspetto importante prevede il fatto di concentrarsi sulla rotazione della colonna e sulla conseguente sensazione di benessere che deriva dall’insieme dei movimenti.

Dopo aver sperimentato la pienezza di questa sensazione, si può iniziare a “disegnare” dei cerchi con i movimenti della fitball. Attenzione: questa volta non si tratta di movimenti del bacino. Per accompagnarli e ascoltare il bambino – concentrandosi, per esempio, sui cambiamenti relativi alla distribuzione del suo peso – ci si può aiutare con della musica.

Quando ci si sente sufficientemente allungate, arriva il momento di far cadere il bacino verso i piedi, avendo cura di non perdere l’appoggio sulla palla. Dopo averla abbracciata, si può tornare a dondolare lateralmente.

La posizione accovacciata

Tra le tante posizioni che si possono assumere durante il travaglio per controllare il dolore, spicca senza dubbio quella accovacciata. Si parte tenendo le piante dei piedi ben salde a terra, con le punte che guardano dritte. Se si ha paura di non riuscire a stare in equilibrio a causa del pancione, si può tenere tranquillamente un appoggio davanti a sé o, ancora meglio, ci si può sostenere al proprio compagno. Ricordo che il futuro padre ha un ruolo nodale durante il travaglio: è la parte razionale del processo e il suo compito è di sostenere la futura mamma sia psicologicamente sia, quando necessario e se riesce, dal punto di vista fisico.

Dopo aver posizionato le mani a terra, rispettando i propri tempi si va a togliere l’ancoraggio e si appoggiano i gomiti nella parte interna delle ginocchia. A questo punto, ci si concentra sulle mani premendo palmo contro palmo come se si volesse distanziare il più possibile le ginocchia.

Subito dopo, si torna lentamente ad appoggiare per poi riprendere la sopra citata posizione dei gomiti contro le ginocchia e delle mani palmo contro palmo. Questa posizione è congeniale durante il travaglio perché permette di “ascoltare” come il bacino si apre e si distende nella parte inferiore. Lo stesso accade al perineo e ai tessuti del pavimento pelvico, che si distendono e si alleggeriscono.

La posizione accovacciata risulta utile soprattutto nella seconda parte del travaglio e man mano che ci si avvicina al momento della nascita. Il motivo è legato alla già citata capacità di “chiudere” la parte alta del bacino e di “aprire” quella inferiore. Nell’ultima parte del video qui sotto, estratto del videocorso preparto già citato, potete vedere la Dottoressa Alvisi che la mette in pratica.

L'utilizzo del rebozo

Per aiutare l’utero a lavorare in maniera più efficace durante il travaglio e il parto, si può utilizzare anche il rebozo, uno strumento arrivato fino a noi dalla tradizione delle antiche parteras messicane (le levatrici). La sua funzione è quella di evitare che il piccolo sia posizionato in maniera anomala. In questo modo, si permette alle onde dell’utero di fare un lavoro più profondo ed efficiente. Grazie a tutto ciò, il travaglio dura meno e risulta più piacevole.

Utilizzabile anche a casa durante la gravidanza, richiede la presenza di un’altra persona (il compagno, l’ostetrica, una persona di cui ci si fida profondamente). Vestite comode, è necessario mettersi in posizione carponi (ricorrendo anche alla fitball). Serve ovviamente un grosso telo, sufficientemente alto e spesso (si può usare la fascia rigida che si utilizzerà poi per portare il piccolo e metterla nella valigia del parto). L’altezza è fondamentale: il rebozo, infatti, deve coprire tutto l’utero e il bacino fino all’inserzione del femore. Bisogna sentirlo come un vero e proprio vestito addosso e avvertire una sensazione di tensione.

Grazie poi all’aiuto del proprio compagno e al suo lavoro con le braccia, è possibile sperimentare una piacevole sensazione di alleggerimento del bacino, che risulta libero in virtù di un lavoro totalmente passivo. 

Ai papà è consigliato di iniziare a fare proprio questo esercizio già durante la gestazione, in quanto seguire la propria donna durante il travaglio con l’eventuale utilizzo del rebozo è fisicamente impegnativo. Arrivare pronti, in questo come in tanti altri casi, non fa certo male!

donna incinta con rebozo assistita dal compagno

La posizione ideale della persona che aiuta nei momenti con il rebozo è dietro la mamma. Il futuro papà o chi per lui deve essere comodo, tenere i piedi ben saldi a terra e le ginocchia semi flesse.

 Lentamente bisogna iniziare a tendere il rebozo, come se si volesse tirare verso l’alto il peso della donna e del bambino. Si può quindi cominciare a fare un movimento molto lento di rotazione delle braccia, che vanno proprio a cullare il bambino. Bisogna immaginare di trasportarlo da un lato all’altro.

Quando la mamma lo chiede, bisogna iniziare lentamente a sciogliere la presa, per poi tornare a sollevare e a riprendere il movimento rotatorio. La futura madre, nel frattempo, deve solo lasciarsi trasportare, evitando il più possibile di tenere i muscoli in tensione.

Altre posizioni

Oltre a quelle elencate in queste righe, esistono anche altre posizioni da prendere in considerazione nel momento in cui si punta a controllare in maniera naturale il dolore del parto. Tra queste è possibile includere, per esempio, la posizione eretta. In questo frangente si può, se lo si desidera, effettuare dei piccoli movimenti con il bacino. Un’altra posizione che molte mamme che stanno per dare alla luce il proprio piccolo scelgono è quella sdraiata sul fianco. Una gamba della partoriente può essere sostenuta dal gambale del lettino, ma anche dal futuro papà (il suo ruolo, come ricordato spesso, è prezioso sia durante il travaglio, sia durante il parto).

Nei casi in cui la partoriente opta per la posizione appena menzionata, è normale che le venga consigliato di posizionarsi sul fianco sinistro. Come mai? Perché, così facendo, aumenta, anche se di pochi millimetri, lo spazio di passaggio per il cucciolo e migliora la circolazione placentare. Si potrebbe andare avanti ancora molto a parlare delle posizioni che, nel corso di quel tempo unico e prezioso che è il travaglio, consentono di tenere sotto controllo il dolore senza ricorrere a metodi farmacologici. 

Oltre a quelle appena menzionate, è doveroso chiamare in causa la posizione a carponi. In questo caso, la travagliante può sistemarsi sia sul pavimento, sia sulla fitball. Vanno benissimo anche un materassino o un cuscino. Un’altra posizione che viene spesso presa in considerazione è quella accovacciata in sospensione. Anche in questa circostanza l’aiuto del futuro papà può rivelarsi decisivo. Ricordo, per amor di precisione, che quando si decide di ricorrere, durante il travaglio, alla posizione accovacciata in sospensione, è fondamentale ancorare benissimo i piedi a terra. Il loro ruolo è infatti nodale in quanto fungono da veri e propri riferimenti per l’equilibrio di tutto il corpo.

Un alleato speciale in sala parto è anche il cosiddetto sgabello olandese. Di cosa si tratta? Di uno sgabello progettato appositamente per sostenere la donna in travaglio nel momento in cui assume la posizione accovacciata. Molto utilizzato anche durante il parto in casa, viene usato spesso nel travaglio attivo con lo scopo di favorire l’alternanza della posizione seduta e di quella eretta, ottimizzando di conseguenza l’irrorazione ematica dei tessuti.

donna in travaglio sostenuta dal compagno e dall'ostetrica

Perché evitare la posizione ginecologica

Oggi come oggi, in Italia, la posizione ginecologica è purtroppo lo standard in molte strutture. Perché viene sconsigliata quando si parla di controllo del dolore e comfort durante il travaglio e il parto? In questi ultimi anni – ed è il caso di dire per fortuna – la ricerca scientifica ci ha permesso di capire che, quando si parla di questa posizione, si inquadra una situazione che si contraddistingue per la presenza di numerose criticità che inficiano sia il benessere della madre, sia la facilità nel nascere da parte del suo cucciolo. Ecco quali sono:

 

  • Diaframma della mamma bloccato, aspetto che può rendere difficoltosa la gestione delle spinte e della fase attiva del travaglio;
  • Osso sacro bloccato, il che aumenta le difficoltà di passaggio del piccolo nel canale del parto;
  • Riduzione del diametro di quest’ultimo a causa delle ginocchia divaricate della mamma. 

 

Gli svantaggi da conoscere non finiscono certo qui! La posizione ginecologica durante il travaglio e il parto aumenta il rischio di eventi come la lussazione del coccige, lo stiramento del perineo, le lussazioni spontanee. In posizione ginecologica, inoltre, si ha a che fare con un incremento del rischio, per le partorienti, di essere sottoposte all’episiotomia. Dai danni, spesso occulti, allo sfintere anale fino all’incontinenza post partum, sono diversi gli effetti problematici che possono verificarsi con alta probabilità a seguito di un parto in posizione ginecologica.

Come è chiaro da queste righe, le posizioni che si possono assumere durante il travaglio e il parto per concretizzare un controllo naturale del dolore e accompagnare il proprio piccolo verso la luce sono numerose e, fatta eccezione per il caso particolare della ginecologica, non ne esiste una più consigliata o non raccomandata di altre. Tutto, infatti, dipende dalla situazione della singola donna che vive l’esperienza del parto. 

Una cosa importantissima da sottolineare riguarda il fatto che, a meno che non ci siano particolari evenienze cliniche giustificate dal personale medico e ostetrico, ogni futura mamma dovrebbe decidere, senza alcuna imposizione, la posizione che ritiene migliore per partorire. 

Non solo movimento: altri metodi di controllo non farmacologico del dolore del travaglio

Il movimento – con la conseguente scelta di posizioni congeniali e comode – è solo una delle dolore durante il travaglio attraverso un approccio non farmacologico. Tra le altre alternative è possibile includere l’acqua, elemento della vita e un contesto familiare al bambino, che nell’acqua si forma e cresce prima di venire alla luce.

 Immergersi in una vasca d’acqua calda sia a casa, sia nel luogo scelto per il parto permette alla futura mamma di ridurre la percezione dolorosa. Da non dimenticare è anche il fatto che, nel caso appena descritto, l’informazione del dolore arriva al cervello dopo quella frutto del fatto di essere trovarsi in un liquido caldo.

Il risultato, come già accennato, è quello di una minor percezione dolorosa e soprattutto di un maggior controllo dell’appena menzionata sensazione. Un altro aspetto nodale da ricordare è legato al fatto che, quando è immersa in acqua, la donna non è sottoposta alla forza di gravità.

Ciò implica – e qui ritorna in gioco il nostro amato movimento – la possibilità di gestire il bacino in maniera molto più libera e agevole. In generale, nel contesto del parto in acqua il cambio di posizione è molto più facile. Per rendersene conto, basta rammentare che le vasche da parto sono caratterizzate dalla presenza di numerosi appigli e maniglie.

 L’acqua si può utilizzare anche in maniera localizzata attraverso i getti. Se si è a casa, va benissimo il doccino, che deve essere puntato verso la zona del corpo dove si sente maggior tensione. Per il principio ricordato nelle righe precedenti, è possibile attenuare la percezione dolorosa. La differenza importante rispetto alla vasca è che quest’ultima viene utilizzata per un tempo lungo, dai 40 minuti fino all’ora e mezzo e oltre. Essenziale, quindi, è darsi il tempo di provare.

Nell’ambito dell’approccio con acqua localizzata per controllare le percezioni del dolore durante il travaglio, un doveroso cenno va dedicato alla borsa dell’acqua calda, notoriamente preziosa quando si tratta di rilassare i muscoli lisci come l’utero (è molto utile anche in gravidanza).

 Dopo aver parlato dell’acqua, non si può non fare cenno al tocco caldo. Durante il travaglio le donne hanno bisogno di tocchi, di massaggi che vadano a lavorare in maniera importante su tutti i tessuti sottostanti rispetto alla cute. Insieme con l’ostetrica, è possibile scoprire, fin dalla gravidanza, alcuni di questi massaggi, così da avere più confidenza con essi quando arrivano le onde e il profondo lavoro corporeo che porta poi alla magia della nascita.

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